MARZO D'ESSAI

Giovedė 23 febbraio - Ore 21.00

Florence


Un film di Stephen Frears.
Con Meryl Streep, Hugh Grant.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 2 marzo - Ore 21.00

Lion

La strada verso casa


Un film di Garth Davis.
Con Dev Patel, Rooney Mara,
Nicole Kidman, David Wenham.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 9 marzo - Ore 21.00

Paterson


Un film di Jim Jarmusch
Con Adam Driver, Golshifteh Farahani.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 16 marzo - Ore 21.00

Un medico

di campagna


Un film di Thomas Lilti.
Con Franįois Cluzet, Marianne Denicourt.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 23 MARZO - Ore 21.00

7 MINUTI


Un film di Michele Placido.
Con Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi,
Fiorella Mannoia, Violante Placido.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 30 MARZO - Ore 21.00

Io, Daniel Blake


Un film di Ken Loach.
Con Dave Johns, Hayley Squires,
Dylan McKiernan, Briana Shann.

Marzo d'essai

Giovedì
23 febbraio 2017

 

SERATA
INAUGURALE

 

Biglietti:
Interi Euro 3.00

 

 

 


Recensioni

MyMovies

MediaCritica

 

Trailer

Florence

Un film di Stephen Frears.
Con Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, Rebecca Ferguson, Nina Arianda.

New York, 1944. Florence Foster Jenkins è una melomane facoltosa che si crede dotata per il canto.

Fiaccata da una malattia che cova dietro le perle e nella penombra della sua stanza, Florence decide di perfezionare il suo 'talento' con un maestro compiacente. Perché marito ed entourage hanno deciso di tacitare la sua mediocrità.

Cantare per Florence non è un capriccio ma una terapia che le permette di vivere pienamente, ricacciando i fantasmi. Ma quello che doveva essere un trastullo colto per apprendere il repertorio classico, diventa il desiderio incontenibile di trovare un palcoscenico. Maestro e consorte si prestano al gioco e l'accompagnano, uno al piano, l'altro in attesa dietro le quinte, sulle tavole celebri della Carnegie Hall. Nella speranza che il concerto non volga in fiasco.

Tutto era già stato detto su Florence Foster Jenkins: il suo desiderio bruciante di diventare cantante, la sua incapacità di cantare, il lavoro accanito per apprendere la tecnica, il silenzio complice del marito, il concerto fallimentare, la sua morte.

Nel 2015 esce in sala Marguerite, dramma ispirato al celebre soprano (senza voce) americano. Xavier Giannoli si prende qualche libertà col modello originale ma è facile rintracciare la sua storia sotto la maschera della finzione e l'ingenuità eccentrica della superba Catherine Frot. Traslocata nella Parigi degli anni Venti e delle avanguardie, l'autore francese ricaccia la tentazione di cedere alla caricatura e piega il soggetto alla sua poetica: l'ossessione per la metamorfosi, la trasfigurazione, la disfunzione narcisistica, la reinvenzione di sé.


Marzo d'essai

Giovedì
2 marzo 2017

 

Biglietti:
Interi Euro 4.00

 

 

 

Recensioni

MyMovies

MediaCritica

 

Trailer

Lion - La strada verso casa

Un film di Garth Davis.
Con Dev Patel, Rooney Mara, Nicole Kidman, David Wenham, Nawazuddin Siddiqui.

Nel 1986, il piccolo Saroo di cinque anni, decide, una notte, di seguire il fratello più grande non lontano da casa, nel distretto indiano di Khandwa, per trasportare delle balle di fieno. Non resiste, però, al sonno e si risveglia solo e spaventato.

Sale in cerca del fratello su un treno fermo, che parte, però, prima che lui riesca a scendere e percorre così 1600 chilometri, ritrovandosi a Calcutta, senza nessuna conoscenza de bengalese e nessun modo per poter spiegare da dove viene. Dopo una serie di peripezie, finisce in un orfanotrofio e viene adottato da una coppia australiana. Venticinque anni dopo, con l'aiuto di Google Earth e dei suoi ricordi d'infanzia, si mette alla ricerca della sua famiglia.

Sulla carta, una storia del genere pareva presentarsi da sola, restava da decidere se aver voglia o meno di piangere tutte le proprie lacrime per una versione ancora più incredibile, per quanto vera, e magari narrativamente più piatta, di The Millionaire. I meno scettici si potevano aggrappare al nome del regista, Garth Davis, artefice della maggior parte dei bellissimi episodi di Top of the lake, per sperare in qualche sorpresa. Per una volta, invece, c'è di più.

Tutta la prima parte, che vede protagonista il piccolo Sunny Pawar, ha un che di magnetico. Si resta incollati alla forza d'animo del bambino, al suo sguardo attento, al suo cuore gonfio, mentre viene catapultato suo malgrado dal nulla della casa d'origine alla vastità della megalopoli e della sua disumanità. Davis racconta bene come lo sguardo di Saroo si aggrappa a quello degli altri bambini, in cerca di una fratellanza, sullo sfondo di un mondo adulto ambiguo se non meschino.


Marzo d'essai

Giovedì
9 marzo 2017

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

Recensioni

MyMovies

MediaCritica

Trailer

Paterson

Un film di Jim Jarmusch.
Con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Kara Hayward, Sterling Jerins, Jared Gilman.

Paterson vive a Paterson, New Jersey, con la moglie Laura e il cane Marvin. Ogni giorno guida l'autobus per le vie della città, ogni sera porta fuori il cane e beve una birra nel pub dell'isolato. Mentre la moglie colleziona progetti fantasiosi e fuori portata, e decora ininterrottamente la loro casa, Paterson appunta umilmente le sue poesie su un taccuino, che porta sempre con sé.

Nei suoi versi si fondono la passione per William Carlos Williams, nativo di Paterson, Ginsberg, O'Hara, ma anche il suo orizzonte quotidiano. Proprio il dono di uno sguardo poetico sembra essere ciò che lo eleva da una routine di luoghi e azioni uguali a se stesse e sottilmente angoscianti.

Sono pochi davvero i film che trattano la poesia riuscendo a fare di essa la propria sostanza e questo lavoro di Jarmusch si colloca immediatamente tra i primi della lista. Tutt'altro che un film sulla poesia delle piccole cose, Paterson è, al contrario, un poema in sé, oltre che un viaggio nei meccanismi stessi della scrittura in versi e nel rapporto tra la parola e l'immagine, che chiama intrinsecamente in causa il cinema.

Il viaggio comincia da subito e dal nulla, da quel primo richiamo ai fiammiferi, protagonisti della più nota e banalizzata poesia d'amore prévertiana, per poi contemplare la sorpresa, elemento imprescindibile, che qui s'affaccia nell'apparizione della prima coppia di gemelli, generata da un sogno della moglie e trasformata in ripetizione, che punteggerà tutto il film.

E poi il cane, la sua immagine reale e quella nel quadro, che ha attraversato un processo di interpretazione di astrazione eppure ne conserva, riconoscibilissima, la fisionomia. E l'ironia buona della lettera, per cui il nome del protagonista coincide con quello della città così come il nome dell'attore, Adam Driver, con quello del suo mestiere nel film.


Marzo d'essai

Giovedì
16 marzo 2017

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

Recensioni

MyMovies

Trailer

Il medico di campagna

Un film di Thomas Lilti.
Con François Cluzet, Marianne Denicourt, Christophe Odent, Patrick Descamps, Guy Faucher.

Di giorno e di notte, col buono e il cattivo tempo, Jean-Pierre Werner percorre le strade sterrate di campagna per raggiungere i suoi pazienti.

Medico devoto alla professione e ai piccoli o grandi malati della sua comunità rurale, gli viene diagnosticato un cancro al cervello e consigliato di trovare alla svelta un assistente.

Reticente ad affidare i suoi pazienti a terzi, Jean-Pierre accetta controvoglia l'aiuto di Nathalie Delezia, un'ex infermiera che ha terminato da poco gli studi. La collaborazione si rivela presto difficile ma Nathalie ha carattere e incassa bene le bizzarrie che Jean-Pierre impone al suo tirocinio. Paziente dopo paziente, chilometro dopo chilometro, la rivalità cederà il posto alla fiducia e a un sentimento indeterminato tra solidarietà e desiderio.

Dopo il grande successo di Hippocrate, racconto di formazione in corsia, Thomas Lilti torna di nuovo a parlare di medicina puntando lo sguardo sulla provincia francese, trascurata dai servizi pubblici e disorientata dagli effetti della globalizzazione.

Ex internista, l'autore francese prosegue la sua riflessione sul corpo medico passando dalla città alla campagna, dai medici ospedalieri ai cavalieri solitari delle zone rurali. E solitario è pure il suo protagonista, medico di campagna infaticabile che lavora sette giorni su sette fino allo sfinimento e fino a quando un cancro non lo obbliga a fermarsi.

Una pausa che converte il medico in malato e permette al regista di insistere sul legame che esiste tra medico e paziente, confrontando due distinti approcci alla medicina: uno tradizionale ed empirico, l'altro metodico e scientifico.


Marzo d'essai

Giovedì
23 marzo 2017

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

Recensioni

MyMovies

MediaCritica

Trailer

7 minuti

Un film di Michele Placido.
Con Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi, Fiorella Mannoia, Maria Nazionale, Violante Placido.

L'azienda tessile Varazzi è in procinto di siglare l'accordo che la salverà dalla chiusura immediata. I partner francesi sono pronti a concludere, ma all'ultimo momento consegnano alle undici componenti del consiglio di fabbrica una lettera che chiede loro di sacrificare sette minuti di intervallo al giorno. Il consiglio è composto da nove operaie e un'impiegata, più una rappresentante sindacale, Bianca, dipendente della Varazzi da decenni.

Le componenti del consiglio sono uno spaccato della forza lavoro femminile contemporanea nel nostro Paese: c'è la ventenne neoassunta e la veterana con figlia incinta; c'è l'immigrata africana, quella albanese concupita dal proprietario della fabbrica, quella che prende botte dal marito e la semitossica. Anche l'impiegata è un'ex operaia trasferita in ufficio da quando un incidente sul lavoro l'ha lasciata su una sedia a rotelle.

Questa galleria di personaggi denuncia la matrice teatrale di 7 minuti, testo scritto (anche per il grande schermo) da Stefano Massini (la sceneggiatura è cofirmata da Michele Placido e Toni Trupia), che cerca di concentrare in quel pungo di figure femminili quasi tutte le problematiche che affliggono le donne in Italia.

La costruzione drammaturgica segue la falsariga de La parola ai giurati, classico del '57 firmato (per la televisione) da Sidney Lumet di cui è stato realizzato un remake nel 2007 da Nikita Mikhalkov, 12.

A Ottavia Piccolo, nei panni di Bianca, tocca il ruolo che fu di Henry Fonda, ovvero la voce della ragione che sa penetrare le coscienze di chi, reagendo di pancia, cerca invece la soluzione più immediata, come Angela, l'operaia napoletana con quattro figli cui dà la presenza "pesciarola" Maria Nazionale: ed è una scelta di casting azzeccata affidare quel ruolo a una cantante, perché la potente voce di Angela sembra voler costantemente sopraffare quella pacata di Bianca.

L'altra cantante del cast è Fiorella Mannoia nei panni di Ornella, coetanea di Bianca e memore di un tempo in cui i diritti degli operai erano tutelati: la sua prova di attrice è notevole e inaspettata. Ambra Angiolini presta la sua incazzatura alla combattiva Greta e Violante Placido è un'insolita contabile dall'aspetto dimesso.


Marzo d'essai

Giovedì
30 marzo 2017

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

Recensioni

MyMovies

MediaCritica

Trailer

Io, Daniel Blake

Un film di Ken Loach.
Con Dave Johns, Hayley Squires, Dylan McKiernan, Briana Shann, Kate Runner.

Newcastle. Daniel Blake è sulla soglia dei sessant'anni e, dopo aver lavorato per tutta la vita, ora per la prima volta ha bisogno, in seguito a un attacco cardiaco, dell'assistenza dello Stato.

Infatti i medici che lo seguono certificano un deficit che gli impedisce di avere un'occupazione stabile. Fa quindi richiesta del riconoscimento dell'invalidità con il relativo sussidio ma questa viene respinta. Nel frattempo Daniel ha conosciuto una giovane donna, Daisy, madre di due figli che, senza lavoro, ha dovuto accettare l'offerta di un piccolo appartamento dovendo però lasciare Londra e trovandosi così in un ambiente e una città sconosciuti.

Tra i due scatta una reciproca solidarietà che deve però fare i conti con delle scelte politiche che di sociale non hanno nulla.

È bello ogni tanto verificare che i registi si contraddicono. Era accaduto qualche anno fa con Ermanno Olmi che, presentando Centochiodi, aveva dichiarato che non avrebbe girato più film di finzione. Fortunatamente per noi ne ha già realizzati altri due.

Lo stesso succede ora per Ken Loach che sembrava, a sua volta, rivolto al documentario e invece ci regala un film di quelli che solo lui può offrirci.

Carico cioè di uno sguardo profondamente umano e al contempo con le caratteristiche del grido che invita a ribellarsi a quello che sembra uno status quo inscalfibile. Per farlo è ritornato, insieme al fido Paul Laverty, per documentarsi, nella sua città natale, Nuneaton, in cui partecipa all'attività di sostegno di chi si trova in difficoltà.