MARZO D'ESSAI

Giovedė 28 febbraio - ore 21:00

Bohemian Rhapsody


Regia di Bryan Singer.
Con Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee,
Ben Hardy, Joseph Mazzello.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 7 marzo - ore 21:00

A Star is born


Regia di Bradley Cooper.
Con Bradley Cooper, Lady GaGa,
Sam Elliott, Andrew Dice Clay,

MARZO D'ESSAI

Giovedė 14 marzo - ore 21:00

Van Gogh


Regia di Lukas Dhont.
Con Victor Polster, Arieh Worthalter,
Oliver Bodart, Tijmen Govaerts.

MARZO D'ESSAI

Giovedė 21 marzo - ore 21:00

vice

l'uomo nell'ombra


Regia di Adam McKay.
Con Christian Bale, Amy Adams,
Steve Carell, Sam Rockwell,

MARZO D'ESSAI

Giovedė 28 marzo - ore 21:00

ban is beck


Regia di Peter Hedges.
Con Julia Roberts, Lucas Hedges,
Courtney B. Vance, Kathryn Newton.

Marzo d'Essai

Giovedì
28 febbraio 2019

Ore 21.00

 

 

 

Biglietti:

Interi Euro 4.00

 

 

 

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Bohemian Rhapsody

Regia di Bryan Singer.
Con Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy, Joseph Mazzello, Aidan Gillen.

Da qualche parte nelle suburb londinesi, Freddie Mercury è ancora Farrokh Bulsara e vive con i genitori in attesa che il suo destino diventi eccezionale. Perché Farrokh lo sa che è fatto per la gloria.

Contrastato dal padre, che lo vorrebbe allineato alla tradizione e alle origini parsi, vive soprattutto per la musica che scrive nelle pause lavorative. Dopo aver convinto Brian May (chitarrista) e Roger Taylor (batterista) a ingaggiarlo con la sua verve e la sua capacità vocale, l'avventura comincia.

Insieme a John Deacon (bassista) diventano i Queen e infilano la gloria malgrado (e per) le intemperanze e le erranze del loro leader: l'ultimo dio del rock and roll.

Per il cinema le rockstar presentano un vantaggio: raramente muoiono nel loro letto, piuttosto di overdose, suicidi o annegati. Da qui l'affermarsi di un genere che è rimasto ormai senza fiato.

Un genere che segue uno schema obbligato: l'infanzia modesta, il trauma fondante, l'ascensione con prezzo annesso da pagare quasi sempre con una tossicodipendenza, la caduta, la redenzione a cui segue qualche volta la malattia e la morte. Insomma visto uno, visti tutti.

Ma a questo giro di basso 'immortale' era lecito aspettarsi di più. Invece in Bohemian Rhapsody, proprio come in Ray o in Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line, l'originalità non è in gioco. Quello che conta è la ricostruzione pedissequa e la performance emulativa degli attori.


Marzo d'Essai

Giovedì
7 marzo 2019

Ore 21.00

 

 

 

Biglietti:

Interi Euro 4.00

 

 

 

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A Star is born

Regia di Bradley Cooper.
Con Bradley Cooper, Lady GaGa, Sam Elliott, Andrew Dice Clay, Anthony Ramos, Bonnie Somerville.

Ally fa la cameriera di giorno e si esibisce come cantante il venerdì sera, durante l'appuntamento en travesti del pub locale. È lì che incontra per la prima volta Jackson Maine, star del rock, di passaggio per un rifornimento di gin.

E siccome nella vita di Jack un super alcolico tira l'altro, dalla più giovane età, i due proseguono insieme la serata e Ally si ritrova a prendere a pugni un uomo grande il doppio di lei, reo di essersi comportato da fan molesto. Il resto della storia la conosciamo: la favola di lei comincia quando lui la invita sul palco, rivelando il suo talento al mondo, poi sarà con le sue mani che scalerà le classifiche, mentre la carriera e la tenuta fisica e psicologica di lui rotolano nella direzione opposta, seguendo una china oramai inarrestabile.

La stessa storia, che nelle parole del personaggio di Maine, e nella versione di Bradley Cooper, terzo remake di uno dei melodrammi di maggior fama e successo della storia del cinema, assume l'immagine figurata delle dodici note che separano un'ottava dall'altra: la stessa dozzina, che può però produrre un suono molto diverso a seconda di come la si guarda.

Cooper, insomma, mescola a parole musica e cinema, nel nome dello spettacolo. Tramontata l'epoca dell'ingenuità esibita di Judy Garland e dell'espressività teatrale di James Mason (di cui non rimane che una battuta di dialogo), lontana parecchio anche dallo spirito anni Settanta del secondo remake, con Kristofferson e Streisand (citato nella scena del sopracciglio finto e, in qualche modo, con l'esistenza di un ranch), la versione di Bradley Cooper e Lady Gaga è più interessante per il modo in cui scompiglia ulteriormente le carte di genere dei personaggi e legge il vuoto del presente, piuttosto che per il risultato cinematografico, decisamente modesto.


Marzo d'Essai

Giovedì
14 marzo 2019

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

 

 

 

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Van Gogh
Sulla soglia dell'eternità

Regia di Julian Schnabel.
Con Willem Dafoe, Rupert Friend, Oscar Isaac, Mathieu Amalric, Emmanuelle Seigner.

È di sole che ha bisogno la salute e l'arte di Vincent van Gogh, insofferente a Parigi e ai suoi grigi. Confortato dall'affetto e sostenuto dai fondi del fratello Theo, Vincent si trasferisce ad Arles, nel sud della Francia e a contatto con la forza misteriosa della natura.

Ma la permanenza è turbata dalle nevrosi incalzanti e dall'ostilità dei locali, che biasimano la sua arte e la sua passione febbrile. Bandito dalla 'casa gialla' e ricoverato in un ospedale psichiatrico, lo confortano le lettere di Gauguin e le visite del fratello. A colpi di pennellate corte e nervose, arriverà bruscamente alla fine dei suoi giorni.

Pittore celebre negli anni Ottanta, Julian Schnabel si converte al cinema negli anni Novanta e realizza il suo primo film su un soggetto seducente ma cimentoso (Basquiat), evitando i rischi maggiori (agiografia melensa e glamour smaccato) e procedendo per tocchi fugaci.

Un film su un pittore è raramente realizzato da un pittore ma Schnabel ne gira addirittura due. Ventidue anni dopo trasloca in Francia per raccontare il bisogno permanente di Van Gogh di dipingere. Come fu per Basquiat, l'autore americano non cerca di penetrare l'enigma della creazione, che appare un'acquisizione indiscutibile (anche) nel personaggio di van Gogh. Ad appassionare Schnabel è quello che rivela la relazione tra il pittore olandese e Paul Gauguin, tra l'artista dei girasoli bruni e il suo tempo.

Trasportato come van Gogh dalla luce della Provenza, Schnabel coglie quel passaggio folgorante di cui non resta niente ad Arles, alcun quadro, alcun edificio a parte un modesto impasse intitolato a suo nome. Tutta la storia di van Gogh, come quella di Gauguin, è segnata dal destino, marcata dall'insuccesso, l'incomprensione e alla fine l'isolamento.

Dei campi di grano, del fogliame d'autunno, dei cipressi monumentali, dei giardini selvatici, dei fiori floridi, dei fondali gialli, dell'arancio ardente dei crepuscoli, del colore rovesciato sulla tela come magma incandescente, i suoi contemporanei non sapevano che farsene. Alieno al mondo che lo circondava, l'artista esprimeva un malessere profondo, una disperazione totale e una lucidità intensa, che lo rendeva sovente odioso agli altri.


Marzo d'Essai

Giovedì
21 marzo 2019

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

 

 

 

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Vice - L'uomo nell'ombra

Regia di Adam McKay.
Con Christian Bale, Amy Adams, Steve Carell, Sam Rockwell, Tyler Perry, Alison Pill.

Negli anni Settanta Dick Cheney sta con una ragazza davvero in gamba, Lynne, che riesce a farlo ammettere all'Università, dove lui però viene travolto dal gozzovigliare da college e, tra una sbornia e l'altra, finisce per farsi espellere.

Non contento, continua a bere anche mentre lavora ai pali della corrente elettrica, finisce in una rissa e viene arrestato per guida in stato di ebrezza. A quel punto Lynne gli dà un ultimatum: o diventa la persona di potere che lei in quanto donna non può essere ma può aiutare e guidare, oppure tra loro è finita.

La storia è nota: i due diventeranno una "power couple" di Washington e domineranno placidamente, quasi nell'ombra, l'amministrazione di George W. Bush, tra le più devastanti per la democrazia americana. Dopo La grande scommessa Adam McKay continua nel filone della satira ad altissima velocità, passando dalla finanza corrotta ma pur sempre contenuta in una manciata di anni del film precedente, fino ad abbracciare in Vice - L'uomo nell'ombra una biografia politica di circa cinquant'anni, che inizia durante l'amministrazione Nixon.

Abita il corpo di Cheney il camaleontico Christian Bale, in una performance impressionante ma allo stesso tempo pure in understatement, calma, sicura di sé, come fosse una pietra intorno a cui turbina la corrente. L'unica che tiene il suo passo e che anzi all'inizio ne detta il ritmo è la moglie Lynne, interpretata da Amy Adams, al principio più assetata di potere del marito e poi, scoraggiata dal coming out della figlia, quasi restia a fare l'ultimo passo. Ma a quel punto è troppo tardi: Dick ha assaggiato il potere e ne è inebriato, persino più di quanto lo sia dalle paste che lo spingono verso ripetuti infarti.

Quando a Cheney sarà offerta la vicepresidenza, normalmente considerata una carica poco influente, lui ne farà la posizione da cui dominare l'intera amministrazione. Eminenza grigia si circonda di una schiera di aiutanti, tra cui il suo ex maestro Donald Rumsfeld (che ha il volto di Steve Carell), abituato a una politica più aggressiva, mentre la caratteristica di Cheney è sempre stata quella di essere quieto, silenzioso, poco appariscente.


Marzo d'Essai

Giovedì
28 marzo 2019

Ore 21.00

 

Biglietti:

Intero € 4,00

 

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Ben is back

Regia di Peter Hedges.
Con Julia Roberts, Lucas Hedges, Courtney B. Vance, Kathryn Newton, Tim Guinee.

Quando, la vigilia di Natale, Holly Burns si ritrova davanti, nel giardino di casa, suo figlio maggiore Ben, non sa se quello sta per diventare il giorno più felice della sua vita o il più infelice.

I due figli più piccoli, nati dal secondo matrimonio di Holly con Neal, esplodono in gridolini di felicità. Ivy, invece, la sorella più grande, è esitante.

Perché Ben ha cambiato i piani? Davvero il suo sponsor gli ha consigliato di passare il Natale a casa? Davvero sono 77 giorni che non si droga? Di sicuro sua madre vuole crederci e Ben sembra disposto ad essere messo alla prova.

Quando due bravi attori duettano sullo schermo come fanno qui Julia Roberts e Lucas Hedges, quando la sceneggiatura è ben scritta, il cast di supporto è realmente tale e la tensione cresce man mano che il film si dirige verso la sua conclusione, lo spettacolo è gradito, anche quando non si tratta di un capolavoro.

È il caso di Ben is back, in cui Peter Hedges, padre del coprotagonista, dirige la storia di una moderna madre coraggio, che di errori ne ha già commessi troppi e di delusioni ne ha già subite abbastanza, tanto da dirsi pronta a scavare la fossa al figlio, ma in verità si aggrappa con le unghie alla speranza di potersi fidarsi di lui.

È un bel personaggio, che sarebbe stato bene addosso anche a Frances McDormand (ma avrebbe dato vita ad un film molto differente), che la Roberts ammanta della dolcezza che le appartiene senza sminuirne la forza e l'ampio registro interpretativo (non male quando la signora Burns, ai tavolini di una caffetteria del centro commerciale, si toglie il sassolino dalla scarpa e dice quel che ha da dire al vecchio dottore di famiglia).